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ECOMUSEO CIMBRO
dei sette comuni
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Rete Etnografica di Mobilità Dolce
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Wellebekh: la Strada della Campagna
usi, costumi e tradizioni attraverso l’interpretazione dell’antica lingua cimbra

la mappa dei toponimi

I toponimi sono un vero e proprio libro aperto nella storia e ci accompagnano attraverso l’interpretazione dell’antica lingua cimbra parlata su queste montagne nel comprendere il paesaggio e le sue mutazioni nel tempo. Attraverso i toponimi veniamo a conoscere usi, costumi e tradizioni delle contrade e delle famiglie che un tempo le abitavano. Nei Sette Comuni e nelle aree di insediamento cimbro, come Luserna in provincia di Trento o i XIII Comuni della Lessinia in provincia di Verona, molti toponimi sono ricorrenti e ci consentono oggi di disegnare una mappa nella quale riusciamo a leggere le connessioni che si stabilivano nel tempo tra gli abitanti di un territorio e l’altro, mettendo in relazione paesi, luoghi e persone.
I toponimi sono un vero e proprio libro aperto nella storia e ci accompagnano attraverso l’interpretazione dell’antica lingua cimbra parlata su queste montagne nel comprendere il paesaggio e le sue mutazioni nel tempo.
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Attraverso i toponimi veniamo a conoscere usi, costumi e tradizioni delle contrade e delle famiglie che un tempo le abitavano. Nei Sette Comuni e nelle aree di insediamento cimbro, come Luserna in provincia di Trento o i XIII Comuni della Lessinia in provincia di Verona, molti toponimi sono ricorrenti e ci consentono oggi di disegnare una mappa nella quale riusciamo a leggere le connessioni che si stabilivano nel tempo tra gli abitanti di un territorio e l’altro, mettendo in relazione paesi, luoghi e persone.

toponimi: istruzioni per l’uso

Questo progetto è il risultato di una ricognizione sulla toponomastica storica di Rotzo che ha avuto come riferimento l’importante lavoro di ricerca di Ivo Matteo Slaviero pubblicato in ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della Comunità’, edito nel 2014 in collaborazione con l’Istituto di Cultura Cimbra di Roana. Lo studio è poi proseguito attraverso un lavoro collettivo di confronto con il prezioso contributo di Lauro Tondello Plözar e Andrea Cunico Jegary. Come è noto, il cimbro era una lingua prevalentemente orale e non ha mai raggiunto una vera e propria standardizzazione ortografica. Quindi, in quattro secoli di attestazioni scritte, non sempre ad uno specifico fonema corrisponde il suo relativo grafema. Nel 2018, l’Istituto di Cultura Cimbra di Roana ha avviato un progetto di ricerca per la normalizzazione dell’ortografia del cimbro. Il lavoro, coordinato dal prof. Luca Panieri dell’Università IULM di Milano, è stato restituito attraverso la redazione del ‘dizionario cimbro dei Sette Comuni’ consultabile on-line sul sito
www.dizionario.cimbri7comuni.it
Ogni toponimo restituito in questa mappa e nell’intero sistema Ecomuseo Cimbro Sette Comuni è stato controllato ed eventualmente rivisitato seguendo le voci normalizzate del dizionario sopra citato.

Questo progetto è il risultato di una ricognizione sulla toponomastica storica di Rotzo che ha avuto come riferimento l’importante lavoro di ricerca di Ivo Matteo Slaviero pubblicato in ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della Comunità’, edito nel 2014 in collaborazione con l’Istituto di Cultura Cimbra di Roana.
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Lo studio è poi proseguito attraverso un lavoro collettivo di confronto con il prezioso contributo di Lauro Tondello Plözar e Andrea Cunico Jegary. Come è noto, il cimbro era una lingua prevalentemente orale e non ha mai raggiunto una vera e propria standardizzazione ortografica. Quindi, in quattro secoli di attestazioni scritte, non sempre ad uno specifico fonema corrisponde il suo relativo grafema. Nel 2018, l’Istituto di Cultura Cimbra di Roana ha avviato un progetto di ricerca per la normalizzazione dell’ortografia del cimbro. Il lavoro, coordinato dal prof. Luca Panieri dell’Università IULM di Milano, è stato restituito attraverso la redazione del ‘dizionario cimbro dei Sette Comuni’ consultabile on-line sul sito
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Welle

è la strada consorziale indicata per la prima volta nel Catasto Austriaco del 1848 che attraversa l’area pianeggiante solitamente indicata come ‘Campagna di Rotzo’. Tale via era indicata nel Catasto Napoleonico del 1812 come Strada Consorziale detta ‘Povelte’. Nel Catasto Italiano viene invece divisa in due parti: da Castelletto all’incrocio con la Strada Vicinale Lomezzen porta il nome di WELLE, mentre l’altro tratto fino a Rotzo viene indicato come Strada vicinale di KUVALACCHER. Ad ogni modo, il tratto completo rimane genericamente indicato come ‘Strada della Campagna’. Il toponimo WELLE riconduce senza troppi dubbi al cimbro VÈLT, ‘campagna’ ed è opinione comune, che in effetti l’attuale nome in uso altro non sia che la semplice traduzione dell’antico termine di origine germanica. L’abate Agostino dal Pozzo Prunnar (1732-1798) però, nelle sue ‘Memorie Istoriche dei Sette Comuni Vicentini’, sottolinea la possibilità che WELLE e BÒSTEL potessero essere sinonimi e che indicassero una casa o una contrada ove poter conservare ciò che era stato raccolto. In questo senso c’è una stretta relazione tra i nomi e l’espressione delle loro funzioni.

Bòstel

il toponimo, secondo le diverse interpretazioni etimologiche, significherebbe ‘stalla’, ‘ripostiglio o fienile’, oppure ‘luogo dove si trovano delle rovine’, oppure ancora ‘luogo sicuro’, ‘luogo protetto’. In ogni interpretazione, spicca come la popolazione cimbra giunta nel territorio di Castelletto, abbia notato le caratteristiche peculiari del Bòstel quale pianoro dall’aspetto sicuro e ben difendibile. All’epoca dell’arrivo dei Cimbri, inoltre, alcune rovine dell’antico villaggio dell’Età del Ferro dovevano probabilmente ancora emergere a livello del suolo e dovevano essere perciò visibili ai nuovi frequentatori del pianoro. Scrive l’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798) nelle sue ‘Memorie Istoriche dei Sette Comuni Vicentini’ (pubblicate postume nel 1820): “A me è poi riuscito di trovare […] che Bòstel è voce accorciata di ‘Borch – stâ – elle’ e che significa stalla, o ripostiglio da conservarsi le biade, e il fieno per l’inverno. Essa è composta dal verbo Tedesco bergen (noi diciamo borghen, e porghen) che vale riporre nascondere e da stall, cioè stalla. Sappiamo inoltre […] che nella Germania inferiore frequentissime sono le contrade così denominate, e spesse volte al nome di Bòstel è unito anche quello del padrone, cui apparteneva l’abitazione […]”

Lazarìt

anche nei Sette Comuni arrivò la grande e spaventosa epidemia di peste bubbonica che nel 1631 colpì tutta l’Italia settentrionale. Rotzo, ROTZ nella nostra antica lingua cimbra, come anche Castelletto, PURKH e Albaredo, ASPACH, dovette allestire il suo lazzaretto dove dovevano essere portati per scontare la quarantena tutti i contagiati del paese. Inoltre, per obbligo di legge era vietato seppellire i morti nel cimitero per evitare il diffondersi del contagio. Ogni paese o piccolo abitato aveva a quel tempo il suo lazzaretto e con questo si spiegano i numerosi toponimi riferiti alla presenza dei lazzaretti in tutti i Sette Comuni. Il LAZARÌT di Castelletto compare nei documenti nel 1700, quando viene indicata una vendita in ‘contra del Lazzaretto’. Oggi lo troviamo lungo la Strada della Campagna non distante dal parcheggio destinato ai visitatori dell’area archeologica del Bòstel: una croce di ferro posta al di sopra del muretto a secco sopra la strada, ricorda l’antico luogo di sepoltura.

Òocha

è un toponimo molto diffuso nell’area cimbra e qui a Rotzo, in particolare, lo troviamo in relazione a diverse località nelle forme di HOGHA, HOGHE o OCHE. Il significato è insito nella parola cimbra che indica ‘quercia o rovere’ e che l’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798) riporta nel suo ‘Vocabolario domestico’ con ‘oaga’. Lo stesso abate, nelle sue ‘Memorie Istoriche dei Sette Comuni Vicentini’ (pubblicate nel 1820), ricorda diversi siti riferiti a quest’albero: nella sola zona di Castelletto egli nomina ‘Kan Shon Oaken’ ‘alle belle querce’, ‘Auf at d’oaka’ ‘su alla quercia’, ‘untar d’oaka’ ‘sotto alla quercia’, ‘hin in d’oaka’ ‘dentro alla quercia’ (equivale ad essere o andare nel luogo della quercia), ‘abe in d’oaken’ ‘giù nelle querce’.
Sempre a Castelletto, lungo la Strada della Campagna ritroviamo lo stesso toponimo nella forma composta HOEGHECHE, ‘colle delle querce’. Oppure, ad Albaredo, troviamo HOGHABISA, ‘prato della quercia’. Come considerato da Ivo Matteo Slaviero nel suo libro ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014), i nomi menzionati nel 1700 dal Dal Pozzo Prunnar e ora scomparsi, testimoniano la presenza di una toponomastica minore capillare, legata alle esigenze pratiche di lavoro e vita quotidiana.

Maurach

è conosciuto anche nella forma orale MAURA e indica un dosso coltivato caratterizzato da muri a secco (terrazzamenti) posto a sud della ‘Strada della Campagna’. Il toponimo compare ufficialmente per la prima volta in un documento del 1516 relativo alla vendita di un terreno arativo posto nelle pertinenze di Rotzo nella ‘contrada del Maorach’. Successivamente, in un atto del 1590, lo stesso toponimo è citato come Mauragh. Nel 1647, un documento relativo a una stima di beni riporta la distinzione tra un ‘Mauragh de Sora’ e ‘Mauragh de Sotto’. Màura è una parola cimbra il cui significato è ‘muro’, come indicato nel ‘Dizionario Cimbro dei Sette Comuni Vicentini’ di Umberto Martello Martalar (1899-1981) e nel ‘Cimbrisches Wörterbuch’ del linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852). La parola veniva utilizzata per indicare i muri di sostegno dei terreni terrazzati che qui a Rotzo e in particolare a nord di Castelletto, sono molto diffusi. Il suffisso ACH/AGH ci suggerisce che con il toponimo MAURACH si volesse indicare il ‘luogo del muro’.

Gruuba

è un toponimo molto comune in tutta l’area cimbra e, come riportato dal linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) nel suo ‘Cimbrisches Wörterbuch’, con gruUba viene indicata una fossa o una depressione del terreno. Il toponimo lo troviamo spessissimo anche sotto diverse forme, semplici o composte. Ad Asiago per esempio troviamo le forme GRAUBA, GRUBBA o GRUBEN. Oppure qui a Rotzo troviamo la forma composta KHALTGRUUBA ‘conca fredda’ e ROSSAGRUUBA ‘conca dei cavalli’. Continuando, nei Sette Comuni come anche in Lessinia non è difficile imbattersi in una TIFF GRUUBA ‘conca profonda’ o in una BASSA GRUUBA ‘fossa con la presenza di acqua’.
Nel territorio di Rotzo il toponimo GRUUBA viene utilizzato per indicare ad Albaredo, in corrispondenza al luogo delle Cavere, un terreno anticamente denominato anche FOSSE. Sempre ad Albaredo, un’altra GRUUBA denominata anche EBA, viene identificata tra i colli del PÜBEL e della PLOCHA. A Castelletto, una GRUUBA si trova ad ovest del MORÉKKE e qui, lungo la ‘Strada della Campagna’, la GRUUBA che si estende a sud in prossimità del capitello, viene citata in un atto di vendita del 1575 come contrada detta ‘in lingua teutonica della Grobba’.

Langèkhare

è un toponimo noto nella sola tradizione orale e si riferisce ai terreni della Campagna di Rotzo situati a nord del capitello della Santa Famiglia di Nazaret. Si tratta di una serie di appezzamenti dalla forma stretta e lunga che vengono per l’appunto identificati dalla composizione delle due radici cimbre lang, ‘lungo’ ed ÈkHAre, ‘campi’. Seguendo il dizionario cimbro di Umberto Martello Martalar (1899-1981) ÈkHAre è il plurale di akHar, ‘campo’. Con LANGÈKHARE, appunto, otteniamo ‘campi lunghi’. Spesso, tra gli abitanti di Rotzo è diffusa anche la forma singolare LANGakHar, tramandata forse dall’intenzione di indicare il ‘proprio campo’. La parola cimbra lang compare spesso nei toponimi composti che identificano la forma ‘allungata’ di un sito come Langabégale ‘lungo viottolo’, LANGABISA ‘prato lungo’, LANGALÀITA ‘riva lunga’, LANGALERA ‘lunga costa boscosa’, Langanghen ‘lunga costa dalle rocce spezzate’, LANGAROAN ‘lungo argine o costa’, LANGA STEELA ‘scoglio lungo’, LANKAMPEN con il quale nella tradizione orale viene indicato il ‘Monte Campolongo’.

Khèar

è il toponimo con cui a Rotzo si identificano i terreni che si trovano al di sotto dell’ampia curva che si compie scendendo dal paese lungo la ‘Strada della Campagna’. Agli stessi terreni si giunge anche percorrendo la ‘Strada Vicinale di Khèar’ che costeggia il KUVALE e che si collega con la ‘Strada della Campagna’. Il toponimo è testimoniato da un documento del 1776 che cita la vendita di un terreno arativo da parte del signor Cristiano del fu signor Carlo Steffani sito a Rotzo in ‘contrà della Chear’. L’origine del toponimo è riferita alla parola cimbra khèar che, nel ‘Dizionario della lingua Cimbra dei Sette Comuni Vicentini’ di Umberto Martello Martalar (1899-1981) è tradotta con ‘tornante’, ‘curva’ o ‘svolta’. Quindi, possiamo intendere che il toponimo rimandi ai ‘terreni sotto la curva’. Sempre a Rotzo, come anche nei Sette Comuni, ritroviamo lo stesso toponimo nella forma diminutiva CHÈRLE a riferimento di una ‘piccola curva’. Ad Albaredo, ASPACH, lo troviamo invece nella forma composta KHÈAR BÉGEL a indicare ‘alla curva del sentiero’. A Foza, VÜSCHE, nella tradizione orale spesso viene citato il GRABO del KHÈAR, con il quale ci si riferisce a un avvallamento in corrispondenza di un’ampia curva all’entrata del paese.

Kùvalakhar

la prima attestazione notarile è del 1518. Il toponimo è composto dalle due parole cimbre KUVALA ‘riparo, grotta, tettoia’ e AKHAR, ‘campo’, come indicato anche nel ‘Vocabolario domestico’ dell’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798). Questa tradizionale forma composta del nome offre modalità spesso particolarmente descrittive del luogo. Osserviamo che tanto più il toponimo risponde a questa funzione, tanto più si è potuto radicare nel tempo per giungere fino a noi come un fossile di un antico modo di vivere questo straordinario territorio dei Sette Comuni. Oggi KUVALACKER è il nome di una via, ma in origine si riferiva ad un’ampia area coltivata, estesa fin sul ciglio della Val d’Assa. Nel tedesco moderno troviamo KUGEL per ‘sfera, palla, globo’. Per estensione quindi, il concetto di rotondità viene esteso non solo alle cavità (grotte o tettoie come nel caso dell’Alta Kuvala), ma anche per indicare la rotondità di un terreno. A conferma troviamo molti monti ‘Còvolo’, non solo in Veneto. In definitiva, ‘campo curvo’ o ‘campo gobbo’ risulta l’interpretazione più coerente di Kùvalakhar. In modo analogo SANTAKHAR, presso Albaredo, descrive un ‘campo della ghiaia’, dove SANT significa ‘sabbia’ e AKHAR ‘campo’.

Hàngar

è un toponimo molto ricorrente nei Sette Comuni e in tutta l’area cimbra. Lo troviamo spesso anche nelle forme di ANGER, ANGHER, ENGER, HANGER e HENGHER. Nell’economia silvo-pastorale delle vicinìe si tratta di porzioni contenute di terreno di proprietà collettiva ‘ritagliate’ e concesse in uso a singole famiglie per specifiche funzioni come orto o stallo per animali. Troviamo ancora oggi infatti hàngar nelle adiacenze di abitati o, negli alpeggi, delle casare. Una caratteristica costante è la recinzione in stoan platten, le tipiche lastre di pietra. Il capolemma HANGEN rimanda ad ‘appendere, riporre, conservare’. In inglese e in francese troviamo ancora HANGARAGE per indicare la sistemazione di un bene (ad es. un aeromobile) in un capannone (hangar), da cui oggi deriva la forma corrente internazionale GARAGE. Oltre alla funzione di orto o frutteto, l’HÀNGAR serviva anche da spazio di contenimento per le greggi in sosta. In merito possiamo citare il quartiere denominato ANGARANO, sito alle porte di Bassano del Grappa verso i Sette Comuni, luogo che un tempo sicuramente era destinato a questa funzione.

Khaltgruuba

comprende l’avvallamento della Campagna di Rotzo che si estende a sud-est della chiesetta di S. Margherita al di sotto della strada provinciale e, probabilmente, un tempo comprendeva anche la zona al di sopra. La prima citazione appare in documento notarile del 1506 con il nome di CALGROBA; viene poi successivamente citata in altri documenti notarili con le forme di Chalgruoba, Kalgrobba e Colghgrubba. Oggi è conosciuta anche come Kalta, Calgroba o Calgrobba. Il significato del nome Khaltgruuba è insito nelle due radici cimbre KALT ‘freddo’ e GRUUBA ‘fossa, conca’, termini riportati dal linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) nel suo ‘Cimbrisches Wörterbuch’ contenuto nell’opera ‘Die Cimbern der VII und XIII Communen und ihre Sprache’. Quindi il toponimo Khaltgruuba viene ad indicare una ‘conca fredda’. Nei Sette Comuni troviamo spesso la radice GRUUBA quando un toponimo è riferito a una conca naturale o ad un avvallamento; come ad esempio TIFF GRUUBA ‘fossa profonda’ o BÀSSAR GRUUBA ‘fossa con presenza di acqua’.

Langabégale

identifica in particolare il viottolo che taglia la campagna dalla STÌVALA al bivio Òocha. Si tratta di uno dei collegamenti primari tra l’abitato e la Campagna di Rotzo e quindi tra il paese e i luoghi di lavoro. Completamente sopraelevato rispetto al piano della campagna, il manufatto rappresenta ancora oggi un piccolo tesoro del paesaggio rurale. Il suo piano rialzato e perfettamente drenato lo rende asciutto e libero dal fango e consente il suo facile attraversamento. Il toponimo è molto conosciuto ed è riportato in molte attestazioni. Lo si può trovare anche nelle forme di LanghebegalE o Langhebegele. Ivo Matteo Slaviero nella sua pubblicazione ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014), riporta la prima attestazione del toponimo in un documento notarile del 1651: ‘terreno arativo con due nogare dentro ubicato a Castelletto in contra del Langhebeghele al quale confina a mattina la via consortiva’. Il toponimo LANGABÉGALE è costituito dalle due radici cimbre LANGA ‘lungo’ e BÉGALE ‘viottolo’. Quest’ultimo termine è riportato nel dizionario cimbro di Umberto Martello Martalar (1899-1981). Per cui il significato del toponimo è ‘lungo viottolo’.

Groementékke

del 1704 la prima attestazione notarile: ‘pezza de terra arativa di tavole 350 circa posta al Castelletto in contra de Gromenteche confina a mattina Zuanne quondam Domenico Dal Pozzo, a mezzodì via comune, a sera messer Antonio quondam Matio Dal Pozzo, a monte Matio quondam Pietro Dal Pozzo’. ll nome Groementékke è composto dai termini cimbri GRUMENT “secondo fieno” (in veneto arziva) ed ÉKKE, (ECKE, HEKKE), ovvero “colle, collina, costa, dosso”. Nell’antica parlata germanica cimbra attraverso la relazione di questi due termini si descrive una precisa caratteristica che distingue questo luogo della Campagna di Rotzo rialzato e ottimamente esposto al sole. Groementékke “fotografa” con un unico nome (toponimo) la funzione di “colle del secondo fieno”. Un esempio di frase con il nome GRUMENT: “mit diseme regene damált allez grument”, “con questa pioggia marcisce tutto il fieno”. Come esempio va citato il toponimo simile Taalékke che presso Castelletto descrive un “colle della valle”: abbiamo quindi TAAL “valle” e ÉKKE “colle”.

Bàigar

è il toponimo che indica i terreni posti sotto strada sulla destra, appena lasciato Castelletto in direzione Rotzo e oggi identificati anche dalla Via Baigar. ‘Contracta del Baiger’ compare per la prima volta in un documento del 1545. Ivo Matteo Slaviero nella sua pubblicazione ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014) documenta due interpretazioni del toponimo. La prima dall’elisione e poi unione dei termini cimbri BÀIMARN ‘vite’ e GAARTO ‘orto’. Quindi, ‘vigneto’. In merito, va ricordato come l’antropologo e linguista Aristide Baragiola (1847-1920) nella sua opera ‘La casa villereccia delle Colonie Tedesche Veneto-Tridentine’ del 1908 documenta con GARTO “l’immancabile orticello accanto alla casa cimbra”. Ad Albaredo, a Rotzo e Castelletto ritroviamo più volte invece il toponimo BÀINGARTO che in questo caso conserva correttamente la radice BÀIN ‘vino’. Questo può fare indurre ad una seconda interpretazione di BÀIGAR. Visto che nel 1500 la forma è BÀIGER, il toponimo potrebbe riferirsi al verbo cimbro BÀIGAN ‘benedire’. Infatti, considerando il suffisso -ER, che indica l’appartenenza, con BÀIGER (divenuto poi nel tempo BÀIGAR), si potevano indicare i ‘terreni di Benedetto’, nome del proprietario testimoniato in un documento del 1628.

Kòbel

area a sud di Castelletto, prima citazione notarile 1548, ‘ubi dicitur el Covolo’. Il termine indica genericamente ‘caverna, ‘riparo, tettoia di roccia’. Siamo a valle di Castelletto e dell’area archeologica del Bòstel, nel ciglio boscoso che si affaccia sulla Val d’Astico. Si tratta di un esteso areale detto KLEFE ‘piccole cenge’, plurale diminutivo derivato dal medio alto tedesco KLOPFE per ‘roccia, sporgenza’. Questi sentieri e questi luoghi un tempo erano vivi grazie al grande lavoro dell’uomo e grazie all’economia di un esteso sistema di terrazzamenti coltivati, anche a vigna; oggi nome e senso di questi luoghi cadono in disuso, non vengono quasi più menzionati, tramandati, vengono meno nella tradizione orale e stanno scomparendo. Conservarli e riproporli nel loro contesto originario – proprio lungo questi secolari percorsi – è importante: testimoniano la presenza di una ‘toponomastica minore capillare, legata alle esigenze pratiche di lavoro e vita quotidiana’ (Ivo Matteo Slaviero). Con la stessa radice KÒBEL (in origine kùvel), sempre presso Rotzo, troviamo, vicino all’ALTAR KNOTTO, il grande costone roccioso concavo che forma l’ampia tettoia ALTA KUVALA, ‘antica tettoia’.

Khàstel

è il colle a ovest di Castelletto sul quale un tempo si ergeva una struttura fortificata alla quale è riferito il nome. Il toponimo KHàstel è ancora utilizzato nella tradizione orale anche se lo si può trovare nelle forme di CASTELLO o CASTELO. Il nome appare nel 1585 in un documento di divisione di eredità dove viene indicata la ‘contra del Castelo’. Nelle sue ‘Memorie Istoriche dei Sette Comuni Vicentini’ (pubblicato nel 1820), nel libro II l’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798) ricorda parlando di Castelletto: “Non piccolo argomento di ciò è anche il Castello, dal quale essa è denominata. Questo esisteva sopra un piccolo colle, che sorge a sera della villetta appunto dove mettono capo due strade che vengono dalla Val dell’Astego. Il colle è formato dalla natura, ma fu poi dall’arte ridotto a guisa di Castello e serba tuttavia indizj indubitati d’aver servito a tal fine.” Il termine cimbro KHàstel è tradotto in castello sia dal linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) che da Umberto Martello Martalar (1899-1981) nel suo ‘Dizionario della lingua cimbra dei Sette Comuni Vicentini’. Sempre a Castelletto è presente a nord-ovest di KHàstel anche il toponimo HINTER KHÀSTEL ‘dietro il castello’.

Morékke

è il colle che si eleva sopra la chiesa di San Rocco a nord del Museo Archeologico Sette Comuni a confine con la strada provinciale. È un nome molto utilizzato nella tradizione orale e se ne trova anche traccia in un documento notarile dove viene citato nella forma ‘Moar Heche’. Al toponimo MorÉKke è attribuito dalla gente del posto il significato di ‘colle delle more’. Questo troverebbe riscontro dalla traduzione del linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) del termine cimbro (derivato dal veneto-trentino) murra in ‘mora’, che unito all’altro termine cimbro ÉKKE ‘collina’ confermerebbe l’interpretazione sopra citata. L’ipotesi non sembra però confermata dalla traduzione riportata nel ‘dizionario cimbro’ di Umberto Martello Martalar (1899-1981) che riporta per mora sbartzapéera. Nella ricerca del significato del toponimo possiamo anche considerare la traduzione del linguista Carlo Battisti (1882-1977) che nel suo ‘Glossario degli appellativi tedeschi nella toponomastica trentina’ riporta per MOR la traduzione di ‘terreno friabile’. Quindi una seconda e più plausibile interpretazione di MorÉKke è ‘Colle dal terreno friabile’.

Taalékke

indica il tratto di costa del rilievo che si trova subito a nord dell’abitato di Castelletto. Si tratta di un serie di terreni in pendenza che insieme vanno a formare un avvallamento. Il tratto è compreso tra la soprastante ‘Strada Vicinale detta del Taalékke’, indicata anche nel Catasto Austriaco del 1848 e la zona dell’ HintEr khÀstel ‘dietro al castello’, a nord-ovest di Castelletto. Il toponimo compare nei documenti nel 1586 nella forma di ‘contrada del Talheche’ e rimane pressoché invariato fino al Catasto Napoleonico (1805-1814), dove viene indicato con il nome ‘Tallech’.
Il nome Taalékke è composto dalle radici cimbre TAAL ‘valle’ ed ÉKKE ‘collina’ o ‘poggio’. Si tratta di due termini molto frequenti in tutta la toponomastica dei Sette Comuni e di tutta l’area cimbra. Il linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) nel suo ‘Cimbrisches Wörterbuch’ indica anche con ‘costa’ una delle possibili traduzioni di ÉKKE. Quindi, vista la morfologia del luogo possiamo tradurre il toponimo come ‘costa della valle’: terreni disposti in costa di un pendio con un leggero avvallamento. Nella tradizione orale è noto, sempre a Rotzo, a ovest della Valle del Pach, un altro luogo indicato con Taalékke.

Làite di Sopra

il termine LÀITA è particolarmente ricorrente nella toponomastica di tutta l’area cimbra. La forma plurale originaria LÀITEN corrisponde al veneto-trentino ‘rive’, tratti di terreno in pendenza: un esempio è l’ampio ondeggiare di rive dalle cui sommità domina l’imponente Sacrario Militare ad Asiago, noto come Sacrario del Leiten. Per tradizione LÀITA viene affiancato ad una caratteristica specifica del sito differenziandolo così in modo più preciso: troviamo quindi forme composite come PACHLÀITA (riva del ruscello), LÀITENTAAL (valle delle rive), LÀITE DEL PÜBEL (rive del colle). Dal punto in cui siamo, la ‘Strada Vicinale delle Làite di Sopra’ prosegue verso Est (Rotzo) e attraversa l’esteso declivio posto a nord dell’abitato di Castelletto. Risalendola incontreremo la parte di montagna più esposta al sole, più riparata a monte, più organizzata nei secoli in numerose rive di modesta larghezza, collegate e sorrette da muri a secco oggi ormai nascosti dal bosco. COGNOMI: l’altoatesino Leitner corrisponde al nostro Dalle Rive. FRASI: “kan izàndarn zeinta mèeront làiten dan ébane”, “da noi ci sono più pendii che pianori” (dizionario cimbro di Umberto Martello Martalar).

Pontèrle

indica, per gli abitanti del posto, il tratto di sentiero ripido che collega la fontana di Castelletto di Sopra alla strada del MAGNARAUT, a ovest della chiesetta di Santa Margherita. Il viottolo è nominato anche nel Catasto Austriaco (1848) come ‘strada consorziale delle Baite’ e successivamente nel Catasto Italiano (1951) “strada comunale dell’Alterburg”, dove ALTERBURG (Altaburg nella tradizione orale) è il nome dato alla cima a nord di Rotzo, sormontata da una grande croce già dal 1900 e oggi meta escursionistica, insieme all’Altar Knotto e alla Alta Kuvala, del sentiero CAI 802. L’ALTABURG, con il significato di castelliere, antico fortilizio posto su un’altura, luogo divenuto nei secoli leggendario per il culto a divinità pagane, secondo l’interpretazione dello Slaviero riportata sul libro Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità, poteva appartenere alla comunità del ‘borgo antico’, Purkh, Castelletto, e quindi questo sentiero poteva essere, un tempo, il percorso diretto che collegava l’abitato alla cima.PONTÈRLE corrisponde all’adattamento cimbro del termine veneto PONTARA, con il quale viene indicata una ripida salita, a cui è stato aggiunto il suffisso diminutivo -le per indicare una ‘salitella’, breve salita ripida. Toponimo molto diffuso nelle zone morfologicamente caratterizzate da pendii, versanti scoscesi, scarpate, ha probabilmente dato origine ad esempio a Valstagna, in Canale di Brenta, al cognome molto diffuso PONTAROLLO, riferito al lavoro di trasporto lungo le pontàre.

Magnaràut

comprende un ampio tratto di territorio, a pascolo e bosco, situato a ponente della chiesa di S. Margherita. La stradina che, passando davanti al lato sud della chiesa, prosegue poi sul dosso fino a congiungersi con quella che da Castelletto sale all’Altaburg, è detta appunto ‘Strada Vicinale del Magnaràut’. Il toponimo appare nei documenti nel 1647 in relazione alla vendita di un terreno posto in detta ‘contrà di Castelletto in loco del Magnaràut’. Il nome MAGNARÀUT è composto dalle radici MAGNA e RÀUT. MAGNO/MAGNA si può interpretare come omofonia e corruzione di MAGER/MAGHER, aggettivo che il linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) traduce con ‘magro’. L’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798), nelle sue ‘Memorie Istoriche dei Sette Comuni Vicentini’ ,in relazione a luoghi limitrofi, scrive di un MAGHER RÀUT ‘Ronco Magro’ e di una MAGHER BISA ‘Prato Magro’. Lo stesso riscontro lo abbiamo in tutto il corridoio cimbro, nel trentino, nel vicentino e nel veronese con MAGRÈ. La radice cimbra RÀUT ‘ronco’, invece, riconduce all’interpretazione di ‘terreno disboscato o roncato’.

Stìvala

individua i terreni attorno alla strada provinciale tra S. Margherita e Rotzo in un tratto di relativa pendenza. La prima attestazione appare in un contratto di compravendita del 1576 dove il toponimo, conosciuto e pronunciato anche nelle forme di Stibala, Stigale o Stiigale, compare appunto come StÌvala. In altri documenti del 1600 vengono identificati anche i toponimi SORA LA STÌVALA e SOTTO LA STÌVALA. STÌVALA è un termine cimbro che con ogni probabilità è associato a stiiga ‘scala a pioli’ (dal dizionario cimbro di Umberto Martello Martalar). L’antropologo e linguista Aristide Baragiola (1847-1920) nella sua opera ‘La casa villereccia nelle Colonie Tedesche Veneto-Tridentine’ del 1908, cita con stiga la scala della vecchia casa degli Ambrosini di Sotto di Canove. Per la gente del posto StÌvala significa ‘scala’ o ‘salita ripida’, riconducendosi quindi all’epoca in cui il collegamento tra S. Margherita e il paese era una ripida mulattiera.
Da menzionare la traduzione riportata nel vocabolario manoscritto del notaio Giulio Vescovi Bischofar (1826-1916), il quale traduce STÌVALA con ‘apertura in una siepe la quale apre un varco per deviare dalla strada maggiore’.

Klammarbisa

il toponimo CLAMA compare già nel 1501 in un contratto di rinnovo di affitti per vari terreni, tra i quali una pezza di terra prativa in ‘contrada Clama’. In seguito, nel 1600, compare in due attestazioni che identificano il toponimo in località Küvale. Quest’ultimo riferimento ci aiuta ad identificare il toponimo con la località che ancora oggi qualche abitante ricorda come KLAMMARBISA e che comprende un campo stretto e di forma allungata che costeggia la strada provinciale. Il toponimo è composto dalle due radici cimbre KLAMMA e BISA alle quali il linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) attribuisce il significato di ‘fesso, strada stretta’ e ‘prato’. Interessante osservare come qualche secolo prima, nel 1494 il notaio Perli cita una contrada KLAMA posta in prossimità di una strettoia per una gola a sud di Asiago. Il toponimo è diffuso in tutta l’area cimbra. Ad esempio in Vallarsa, BRANDTAAL in cimbro, sul versante trentino della valle tra Carega e Pasubio, troviamo le località CLAME e CLÈMELE a significare rispettivamente ‘forra, gola’ e ‘piccola forra, gola’. Sempre ad Asiago, nei pressi dell’abitato di Sasso, STONACH in cimbro, troviamo la VAL CIAMA, nota come VAL CHIAMA e a Lusiana il toponimo CLAMARÀUTA.

Ròiti

è un toponimo antico. Nel territorio di Rotzo e nei Sette Comuni ci sono diverse località individuate con questo nome presente in forme diverse ma riconducibili allo stesso significato. Tra queste ROAN, ROEN, Roon, Ruene, Ruuen, Ruen, Röön. Nel Catasto Austriaco del 1848 è indicata anche una ‘Strada Vicinale di Roon’ che collega il centro del paese con l’antica strada per Campolongo, passando per l’appunto ai Röön, la costa sita proprio al di sopra dell’abitato di Rotzo. La tradizione orale indica anche con RÒITI dei terreni in pendenza collocati sulla costa della Valle del Pach al di sopra della contrada Valle. Tali terreni sono distinti in Röön a valle e RÒITI a monte.
Ad Albaredo, ASPACH nella lingua cimbra, anticamente veniva indicato con ROEN il terreno scosceso a sud dei VIDERAR (Albaredo ovest).
Sull’origine del toponimo sia il dizionario cimbro di Umberto Martello Martalar (1899-1981) e il ‘Cimbrisches Wörterbuch’ del linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852), riportano con ROAN e il suo plurale RÖÖNE il significato di ‘gradone, argine, pendio’. L’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798) nel suo ‘vocabolario domestico’ riporta invece il significato di ‘piccola riva, declivio’. Il nome cimbro di Canove, ROAN, testimonia per l’appunto la sua posizione al di sopra di una riva che scende poi ripida sulla Val d’Assa, l’ASSTAAL.

Obarvazar

è il toponimo riferito alle ‘cascate del Pach’ nel luogo in cui le acque del PACH giunte agli scogli delle cenge si gettano nella Val d’Assa ASSTAAL. Il toponimo ha origine antica ed è composto dalle parole cimbre OBER ‘sopra’ e VAZAR ‘acqua’. Quindi con OBARVAZAR si voleva indicare un ‘luogo, sopra l’acqua’. L’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798) nel suo ‘vocabolario domestico’ riporta WÁZAR per acqua mentre il ‘dizionario cimbro’ di Umberto Martello Martalar (1899-1981) riporta Bàssar. Allo stesso modo, in corrispondenza dei luoghi posti al di sotto della cascata troviamo il toponimo UNTARVAZAR ‘sotto l’acqua’. Nei Sette Comuni e in tutta l’area cimbra sono ricorrenti i toponimi composti con le due parole in oggetto. Nel territorio di Rotzo possiamo citare ad esempio OBARBISA ‘prato di sopra’, ObAr gruUbAle ‘fossette di sopra’, OBER HEBBA ‘piana di sopra’. Ad Asiago, SLÉGHE in cimbro, invece troviamo OBERRÀUT, dove con RÀUT viene indicato dal linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852), un ‘terreno disboscato, roncato’; quindi otteniamo ‘ronco di sopra’ o ‘Roncalto’. Infine, possiamo ricordare, sempre ad Asiago il toponimo BASSA GRUUBA: ‘avvallamento con la presenza di acqua’.

Bàssarach

è il toponimo che identifica un tratto di costa del monte sopra Rotzo. Più precisamente il tratto al di sotto della ‘Seconda strada’ che si stacca da quella che porta per Campolongo in corrispondenza della CURVA DEL TÈLLALE. La curva prende il nome da un’antica sorgente che si trova in una valletta vicino e detta proprio del TÈLLALE.
Attualmente la sorgente non funziona più, ma un tempo era collegata ad un acquedotto che forniva l’acqua alla frazione di Albaredo, ASPACH nella lingua cimbra. Ivo Matteo Slaviero, nella sua pubblicazione ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014), riporta l’unica citazione trovata relativa al toponimo ‘in occasione della vendita, nel 1791, di un terreno in contrà del Ronco o Bazarar’.
BÀSSARACH è composto dalla parola cimbra Bàssar, tradotta come ‘acqua’ dal ‘dizionario cimbro’ di Umberto Martello Martalar (1899-1981), che unita al suffisso –ACH che significa ‘luogo’, ‘posto’, riconduce a ‘luogo dell’acqua’.
Ivo Matteo Slaviero sottolinea che per gli abitanti di Rotzo, con il nome BÀSSARA viene inteso proprio l’acquedotto.

Pach

è il toponimo ancora in uso e molto noto per indicare il ruscello che scende e attraversa la contrada Valle. Il PACH dà anche il nome alla valle stessa PACHTAAL ‘Valle del ruscello’. Un tempo il PACH costituiva una delle risorse idriche del paese. Oggi, alimenta ancora gli antichi lavatoi oltre le note cascate di Rotzo site lungo il sentiero delle cenge. L’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798), Umberto Martello Martalar (1899-1981) e il linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) concordano nella traduzione del termine PACH con ‘ruscello, rivo, torrente’. A Castelletto, troviamo i lavatoi collocati in STRADA PAGH. PACH è un termine molto ricorrente nei Sette Comuni e si trova spesso associato in forma composta nel descrivere la natura di un luogo. Anche Gallio, GHÈL in cimbro, ha la sua PAKSTALL dal quale sgorga il GHÈLPACH, il ruscello di Gallio per l’appunto. Ad Asiago, a nord dell’abitato, si trova ancora in funzione una sorgente il cui torrente è chiamato ancora oggi PACH e che un tempo attraversava il capoluogo muovendone i suoi mulini.

Trìbel

è il toponimo che indica parte dell’abitato della contrada ECCHE o VALLE alla quale si collega la strada vicinale dell’Eka che percorre il colle verso sud. Ivo Matteo Slaviero in ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014), riporta per capire il significato di TRÌBEL la traduzione del termine cimbro TRIBELN fornita dal linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) nel suo ‘Cimbrisches Wörterbuch’. TRIBELN, che corrisponde all’italiano ‘calcare, strepitare con i piedi, pigiare, imperversare’, suggerisce che il toponimo mutato nel tempo in TRÌBEL potesse indicare un ‘luogo di passaggio continuo’. Tra le possibili interpretazioni del toponimo, l’insegnante di cimbro Lauro Tondello Plözar di Albaredo, suggerisce di considerare la particolare posizione del luogo. Trovandoci in un sito assolato e ventoso, è possibile che il posto fosse stato ideale per le operazioni di trebbiatura dei cereali (grano, frumento o segale). Questi, dopo essere stati raccolti dovevano essere esposti al sole e ‘battuti’ durante le giornate ventose per la separazione dei grani dalla pula. TRÌBEL ci evoca l’azione di ‘battitura’ allo stesso modo con cui si ‘batte insistentemente con i piedi’.

Obarbisa

è un toponimo di origine antica. La prima attestazione risale al 1579 ‘quando nella divisione di un’eredità tra i vari beni è compreso anche un terreno nella contrada Ober Bixa’. Oltre ad Albaredo, ASPACH nella lingua cimbra, il toponimo lo si trova anche a Castelletto, PURKH, in cimbro. In quest’ultimo caso indica un tratto della costa a ponente del Bòstel. Il toponimo è composto dalle due parole cimbre OBER ‘sopra’ e ‘BISA’ prato. Le traduzioni sono confermate dal linguista bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) che le ha riportate nel suo ‘Cimbrisches Wörterbuch’. Nelle diverse attestazioni lo si può trovare anche nelle forme di Hoberbisa (singolare) e Ober Bisen (plurale: prati di sopra). Come per il toponimo OBARVAZAR, anche al ‘prato di sopra’ può corrispondere un ‘prato di sotto’. In questo caso abbiamo l’UNTARBIZA in corrispondenza dell’OBARBISA di Castelletto.

Vidarach

è il toponimo noto nella sola tradizione orale con il quale viene indicata la parte di ponente di Albaredo. Nella lingua cimbra dei Sette Comuni con il suffisso -AR viene indicata l’appartenenza o la provenienza, per cui gli abitanti di quest’area di Albaredo vengono appellati con VIDARAR. Allo stesso modo ad esempio, gli abitanti di Asiago, Sléghe vengono indicati con SLéGAR, oppure quelli di Gallio GHÈL con GHÈLLAR. Ivo Matteo Slaviero in ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014), ricerca l’origine del toponimo in relazione alla persona a cui un tempo fu assegnato il territorio ‘in forma di maso’ come da tradizione germanica. Si suppone quindi che Vidar possa derivare dal nome Wid ‘Guido’ e che possa anche essere messo in relazione con il cognome GUIDONI o DE GUIO, cognome attestato in epoca antica e tuttora diffuso a Mezzaselva e a Roana. VIDAR unita al suffisso –ACH, che significa ‘luogo’, ‘posto’, riconduce all’intepretazione del toponimo come ‘luogo dei Vidar’.

Plòcha

è il toponimo che identifica il colle sul quale si adagia l’abitato di Albaredo, ASPACH; il rilievo poi sale leggermente a sud delle case e va nuovamente a discendere verso l’ASPERTAAL, il PÜBEL e le CAVERE. Ivo Matteo Slaviero, nel suo libro ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014), riporta una prima attestazione in data 1654, dove il toponimo appare in un documento di divisione dei beni fra gli eredi di Roman Slaviero, tra cui una pezza di terra arativa di un campo in ‘contra della Plocha’. Successivamente, nel 1782 il toponimo compare nei documenti anche nella forma PLOGA. Nel suo dizionario cimbro, Umberto Martello Martalar (1899-1981) indica per PLÒAS la traduzione di ‘liscio’ (PLÒAZ nella grafia normalizzata nel 2018 dal prof. Luca Panieri per il dizionario cimbro dei Sette Comuni on line). Il linguista Carlo Battisti (1882-1977) in ‘I nomi locali dell’Altipiano di Lavarone-Luserna’ indica il significato di ‘radura’, mentre, il curato di Luserna Josef Bacher (1864-1935) in ‘Die ‘Deutsche Sprachinsel Lusérn’ indica un’‘altura sporgente e priva di boschi’. In merito citiamo la Plose, la montagna delle Alpi che sorge vicino a Bressanone, che è liscia nella sua sommità. Per gli abitanti di Albaredo, il toponimo PLÒCHA indica un ‘colle liscio e privo di vegetazione’.

Plözar

è il nome della località di Albaredo nota anche nella forma KAN PLÖZAR (ai Plözar), che troviamo lungo la strada delle CAVERE (oggi Via Cavieri). Siamo all’altezza della confluenza tra la suddetta via e la PLÖZARBEKH, la strada dei PLÖZAR appunto, altra piccola via che scende direttamente dalle case di Albaredo. Il nome del toponimo è dovuto a un’antichissima famiglia di Rotzo, i Tondello PLÖZAR che da sempre abitano questi luoghi. Nel cimbro dei Sette Comuni, il suffisso -AR indica provenienza, appartenenza, quindi, con PLÖZAR sono intesi coloro che provengono dalla PLÒCHA, il colle a sud delle case di Albaredo il cui nome deriva dal cimbro PLÒAZ e indica un colle ‘liscio e privo di vegetazione’. Per estensione di senso c’è una relazione tra la descrizione di sommità tondeggiante e liscia e il nome degli abitanti presso questa: quindi possiamo interpretare il cognome Tondello come un’italianizzazione di PLÖZAR. I Tondello PLÖZAR vengono attestati ad Albaredo dal 1430, quando il capostipite Giovanni Tondello risulta partecipare ad una ‘general convicinìa’, l’assemblea che periodicamente aveva luogo ad Asiago, ai tempi della Reggenza, tra i capifamiglia rappresentanti dei Sette Comuni. Da ricordare che il passaggio tra la pronuncia in cimbro della lettera ‘h’ espirata alla grafia ‘z’ è una costante, quindi PLÒCH_AR veniva trascritto come PLÒZ_AR.

Pènnebekh

è la strada vicinale di Albaredo che collega la parte alta di questo abitato – un tempo con stalle – e scende verso valle costeggiando il colle della Plocha fino al Pübel. Il termine cimbro è composto da due parti: la prima è PÈNNA, “cestone ovale fatto con vimini per il trasporto del letame” (Martello), “gerla” (Schmeller), che corrisponde all’italiano BÈNNA, “carro di vimini”, di origine celtico-latina (Pellegrini); la seconda è BEKH, “viottolo, cammino, strada”. Abbiamo quindi il significato “viottolo delle ceste” che in sostanza descrive la particolare funzione della strada rendendola riconoscibile e unica. Ivo Matteo Slaviero: “una signora del luogo mi ha spiegato che la strada prende il nome dalla PÈNNA”. Si tratta di una grossa cesta di vimini che, sulle spalle o su carrettino, serviva nei lavori nei campi, principalmente in primavera per il trasporto verso valle di letame e in autunno verso le stalle per fieno e fogliame. Uso ancora nella memoria degli abitanti. Fino agli anni ‘50 era possibile vedere in azione i carri a due ruote col cestone pieno di letame. La contrada PÈNNAR (Asiago) prende il nome da PÈNNA-AR dove il suffisso -AR indica colui che compie l’azione, ovvero “fabbricanti di cestoni di vimini” (Rizzolo).

Laas Risa

il toponimo è riferito ai prati disposti lungo la costa di Albaredo attorno alla strada omonima che conduce al serbatoio dell’acquedotto e che poi, virando verso est, porta verso la Val Martello fino a congiungersi con la strada che da Mezzaselva sale al Verena. La prima attestazione è del 1579 e documenta la vendita di una terra arativa e di una casa murata coperta di paglia ad Albaredo posta nella ‘contrada della Risa’. LAAZ viene tradotto nel ‘dizionario cimbro’ di Umberto Martello Martalar (1899-1981) con ‘canalone’, ‘scivolo naturale’. Dionigi Rizzolo nel testo ‘Asiago e le sue contrade’ (1996), riporta la traduzione del nome cimbro RISE con ‘canalone naturale o artificiale utilizzato per la discesa dei tronchi degli alberi’. RISA è un nome antico molto diffuso in tutta l’area cimbra. Oltre che a Lavarone e a Luserna, lo troviamo nei Sette Comuni sia a Lusiana che ad Asiago. In quest’ultimo caso compare come RISSE. In merito a quest’ultima forma, Umberto Martello Martalar spiega come nel cimbro la lettera ‘s’ abbia sempre un suono sordo, motivo per cui, secondo il Rizzolo, ad Asiago troviamo la ‘s’ raddoppiata. Tornando ad Albaredo, nella parte iniziale dell’ASPERTAAL, a ponente è presente un vallone che sale ripido nel bosco e che certamente era utilizzato per la discesa dei tronchi a valle.

Ganna

è un toponimo molto ricorrente nei Sette Comuni. Qui a Rotzo con GANNA vengono indicati due siti: il primo sopra Albaredo al confine con la Val Martello, il secondo a Castelletto e comprende l’ampio tratto di costa del monte a nord-ovest dell’abitato, sopra al TAALÉKKE. Come riporta Ivo Matteo Slaviero in ‘Rotzo – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità’ (2014), Il toponimo è antico e compare già nel 1625 in un documento del notaio Giovanni Slaviero come ‘terra arativa in contra della Ganna’. L’origine del nome GANNA è pre-romana e corrisponde al veneto trentino ganda ‘ammasso scomposto di sassi’. Nei Sette Comuni e in altre zone di insediamento cimbro è presente in particolare nella forma ganna, gane. Johann Andreas Schmeller (1785-1852), il linguista tedesco che per primo riconobbe la stretta parentela tra il cimbro e il bavarese, identifica la voce ganda, ganna con ‘rocce spezzate o marogna di sassi’. A Foza, VÜSCHE in cimbro, sempre nei Sette Comuni, con Ganna viene indicato un grosso accumulo di sassi franati che si trova a nord ovest del paese, lungo le pendici tra il Monte Miela e il Monte Spil.

Pübel

è il colle dalla sommità arrotondata che da Albaredo scende ripidamente verso la Valdassa ASSTAAL. Il toponimo, che a Rotzo appare in numerosi documenti già a partire dal 1537, è molto diffuso nei Sette Comuni e in tutta l’area cimbra. Lo si trova anche nelle forme di PUVEL o POVOLO. Si tratta di un nome cimbro il cui significato è ‘collina’. L’abate Agostino Dal Pozzo Prunnar (1732-1798) nel suo ‘Vocabolario domestico’ contenuto nelle ‘Memorie Istoriche dei Sette Comuni Vicentini’ (pubblicato postumo nel 1820) identifica lo stesso nome con PUWEL, PUVEL. Il linguista e ricercatore bavarese Johann Andreas Schmeller (1785-1852) nel suo ‘Cimbrisches Wörterbuch’ edito successivamente alle sue visite di ricerca nei Sette Comuni del 1833 e del 1844, conferma la traduzione del termine PÜBEL con ‘collina’. Sempre ad Albaredo troviamo a est del PÜBEL il PÜBEL DEL RUST, mentre a Rotzo, un altro colle è indicato con PUVELE ma rimane noto come KÜVALE. A Foza, VÜSCHE in cimbro, nei Sette Comuni, ad una nota ed estesa contrada è attribuito il toponimo PÜBEL, il quale indica la collina che dal centro del paese si eleva verso sud.
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